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Il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, è stato chiaro: se il Giappone proseguirà nella modificazione delle sue due unità navali portaelicotteri per renderle adatte ad operare con gli F-35 i rapporti tra i due Paesi subiranno un raffreddamento senza precedenti. Come riportato da Asia Times, lo scorso giovedì Pechino ha fatto sapere attraverso il proprio dicastero degli affari esteri tutta la propria piccata preoccupazione per il possibile recupero della politica espansionistica del Giappone che sarebbe evidenziata dalla decisione di modificare le due unità navali classe Izumo. Secondo analisti dei media cinesi la mossa del Giappone è da considerarsi aggressiva e foriera della volontà di ripetere la sua storia militaristica, pertanto i rapporti tra i due Paesi, che erano da tempo in fase di distensione sottolineata anche dalla recente visita di ottobre del Premier giapponese Shinzo Abe a Pechino, potrebbero deteriorarsi.

Le “portaerei” classe Izumo.
Il Giappone, come l’Italia, non può dotarsi di navi portaerei propriamente dette in quanto il trattato di pace che pose fine alla Seconda guerra mondiale limita fortemente sia i compiti sia i mezzi di cui può dotarsi. A titolo di esempio ricordiamo che l’aviazione nipponica, la Jasdf (Japan Air Self Defense Force), non può possedere velivoli atti al bombardamento a lungo raggio. Questa importante limitazione, che parrebbe non essere un problema in quanto solo poche potenze mondiali sono dotate di velivoli di tale tipo, in realtà va a toccare i classici cacciabombardieri di fabbricazione americana di cui è dotato il Giappone. Gli F-15, e prima di essi gli F-4 Phantom, erano infatti costruiti nell’apposita versione per il Giappone, la J, in quanto non dovevano essere in grado di portare armamento di caduta, ma solamente missili per l’autodifesa. Allo stesso modo in campo navale il Giappone non può costruire né dotarsi di portaerei in quanto si tratta di uno strumento offensivo. Per ovviare a questa pesante limitazione, il Giappone chiama le due unità classe Izumo “cacciatoperdiniere portaelicotteri” sebbene a tutti gli effetti, siano già state progettate con parziali accorgimenti atti a farle operare con i velivoli a decollo corto e atterraggio verticale di quinta generazione F-35B. Anche l’Italia, per nave Cavour e ancora prima per nave Garibaldi, aveva usato lo stesso escamotage: la nostra unità che presto vedrà operare gli F-35B e che al momento utilizza gli AV-8B Harrier II è definita ufficialmente “incrociatore portaeromobili”. Le due Izumo – la Kaga e la Izumo – misurano circa 250 metri di lunghezza per un dislocamento di 27mila tonnellate, dimensioni paragonabili a quelle di nave Cavour, e sono in grado di ospitare un massimo di 28 velivoli che vanno dagli elicotteri SH-60 Seahawk sino ai Boeing V-22 Osprey e naturalmente gli F-35B. Già in fase di costruzione le unità sono state infatti pensate con ascensori rinforzati e ponte di volo dotato di patina protettiva per sopportare i getti incandescenti dei motori del velivolo Stovl americano, ed inoltre da specifica originale era prevista la possibilità di installare uno ski-jump per facilitare il decollo degli F-35B a pieno carico.

La questione degli F-35.
I timori cinesi si orientano anche verso la decisione del Giappone di aumentare il numero di F-35 in dotazione alla Self-Defense Force. Il Giappone, che ricordiamo è il secondo Paese al di fuori degli Usa oltre l’Italia a possedere un Faco (Final Assembly and Check Out) per la costruzione degli F-35 situato nei pressi di Nagoya, ha espresso la volontà di aumentare il proprio ordine di acquisto per il caccia stealth di 100 unità. Come detto recentemente dal ministro nipponico per la Difesa, Takeshi Iwaya, il Giappone dovrebbe mettere l’ordine a bilancio entro la fine dell’anno nel prossimo Programma per la Difesa Nazionale. In particolare dei 100 velivoli circa 40 sarebbero della versione B, quella Stovl atta ad essere imbarcata, vera novità per il Giappone che sin’ora aveva solo ordinato la versione terrestre, la A.

Perché questa decisione di Tokyo?
Il Giappone prevede ha in costruzione altre due unità classe Izumo e ulteriori due sono pianificate. La decisione di dotarle di F-35B risponde ai timori nipponici verso l’espansionismo cinese e soprattutto verso il forte impulso dato da Pechino alle sue costruzioni navali. Non è un segreto che la Cina stia rivoluzionando la propria dottrina navale che prevede di dotarsi di un buon numero di portaerei anche a propulsione nucleare, e quindi in grado di ospitare più velivolo ma soprattutto di effettuare operazioni di tipo “oceanico”. In ballo non c’è solo la questione della sovranità sulle isole che contendono al Giappone, le Senkaku/Diaoyu, ma la supremazia sui mari e non più solo quelli limitrofi alle coste cinesi. Tokyo pertanto si è sentita – giustamente – minacciata da questa politica anche in considerazione della paventata scelta di Washington di disimpegnarsi dai teatri non vitali per gli interessi americani. Il Giappone infatti, limitato dalla propria Costituzione, ha sempre affidato agli Stati Uniti il compito principale della difesa del proprio territorio e delle acque circostanti e la politica di Trump, che potremmo dire di “responsabilizzazione” verso gli alleati in questo ambito – che si riflette anche in Europa con le continue richieste ai Paesi membri della Nato di aumentare il Pil destinato alla difesa – ha portato Tokyo a pensare di riconsiderare la propria Costituzione e in particolare ad aumentare le spese e a dotarsi di asset – quali le Izumo – atti a fornire un efficace strumento di deterrenza verso gli avversari.

Fonte: http://www.occhidellaguerra.it

 


 

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