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L'amico Lord Wilmore ha poi deciso di dedicare ad Enrico Pellerito un diverso possibile svolgimento della guerra sino-sovietica descritta nell'ucronia precedente. Attenzione, è un'opera di assoluta fantasia!

 





Il Grande Scontro del 1965.
Tratto dal volume dello storico Enzo Bettiza (1927-2017) "Il comunismo da Budapest a Praga, 1956-1968", con Ennio Ceccarini e Arrigo Levi, prefazione di Adolfo Battaglia, Roma, Edizioni della Voce, 1969.



1  Prima della guerra.

1.1  Antefatto.
A partire dalla vittoria di Mao nella guerra civile cinese nel 1949, i due maggiori stati comunisti del mondo, URSS e Repubblica Popolare Cinese, diedero vita a una forte rivalità, e mantennero anche diverse contese, in particolare riguardo al controllo sulla Mongolia, il motivo principale di contenzioso tra i due paesi. Ulaan Bator era rimasta nella sfera d'influenza sovietica, ma Pechino la rivendicava fortemente, essendo già parte un tempo dell'Impero Qing, e ritenendo che da essa l'URSS potesse sferrare attacchi aerei e missilistici contro il suo territorio. Esistevano anche altre regioni contese, in particolare sul confine tra Kazakhstan e Xinjiang Uighur: la disputa sorse per la prima volta nel 1956 e si concluse con un successo sovietico che riprese il controllo dell'area contesa.

1.2  Casus Belli.
Nel gennaio 1965 truppe cinesi cominciarono ad essere ammassate lungo il confine mongolo: Mao riteneva che il nuovo Presidente del Soviet Supremo Leonìd Il'ìč Brèžnev non avesse ancora consolidato il proprio potere, dopo aver estromesso il predecessore Nikita Sergeevič Chruščёv con un colpo di mano, e dunque sarebbe stato facile invadere la Mongolia ed imporre ad Ulaan Bator un governo fantoccio di Pechino. Alle prime provocazioni seguirono, l'8 aprile 1965, attacchi da entrambe le parti alla postazioni avversarie. Inizialmente le scaramucce coinvolsero la polizia di frontiera di entrambi gli stati, Cina e Mongolia, e le schermaglie tra le forze armate erano intermittenti. Dietro sollecitazione del Presidente mongolo Jamsrangiin Sambuu, nel giugno 1965 il Segretario Generale dell'ONU U Thant riuscì a convincere le parti a cessare le ostilità e ad avviare il dialogo per risolvere la questione mongola e quella di frontiera più ad occidente.

1.3  Prime azioni.
Il Presidente del Partito Comunista Cinese Mao Zedong riteneva però che l'esercito sovietico non sarebbe stato in grado di difendersi di fronte ad una campagna militare di breve intensità per il conteso territorio della Mongolia, così, come era accaduto nel 1962, quando l'India venne sconfitta dalla Cina nella guerra sino-indiana. La Cina credeva che la popolazione della Mongolia fosse scontenta del ruolo dell'Unione Sovietica, ritenuta una forza di occupazione, e che fosse possibile la nascita di un movimento di resistenza con l'invio di agenti provocatori. Mediante un'operazione segreta che prese il nome di Operazione Zheng He la RPC tentò di promuovere un movimento di ribelli, ma gli infiltrati cinesi furono scoperti nel giro di breve tempo dalla popolazione locale e l'operazione risultò un completo fallimento.



2  Resoconto dei combattimenti.

2.1  Prima fase degli scontri fra truppe di terra.

2.1.1  Scoppia la guerra.
Il 5 agosto 1965 330.000 soldati dell'Esercito Popolare di Liberazione (Zhōnggúo Rénmín Jiěfàngjūn, le forze armate della Repubblica Popolare Cinese) varcarono la linea di confine. Le forze sovietiche, assecondando la richiesta di aiuto del Presidente mongolo Jamsrangiin Sambuu, attraversarono il confine sovietico-mongolo il 15 agosto. Inizialmente le forze cinesi ottennero successi considerevoli, conquistando importanti posizioni di montagna dopo un prolungato sbarramento di artiglieria e giungendo a minacciare Ulaan Bator. Verso la fine di agosto, comunque, i sovietici avevano contrattaccato occupando e difendendo la capitale, e bloccando molte linee di comunicazione e di approvvigionamento alle truppe cinesi.

2.1.2  L'Operazione Grande Muraglia.
Il 1º settembre 1965 l'Armata Rossa (Krasnaja Armija) diede il via ad un contrattacco, denominato Operazione Grande Muraglia, con l'obiettivo di penetrare sia nel Xinjiang Uighur che in Mongolia. Il Presidente cinese Liu Shaoqi non se ne preoccupò ed affermò che "il morale sovietico non avrebbe resistito a più di due duri colpi inferti al posto e al momento giusto", nonostante il fallimento dell'Operazione Zheng He e la conquista, da parte sovietica, di fondamentali passi montagnosi di confine. La PRC attaccò con un numero di truppe elevato e con carri armati tecnicamente superiori, le forze sovietiche furono invece colte impreparate e soffrirono forti perdite. L'URSS, per attenuare l'attacco, chiamò in causa la propria aeronautica e bombardò Harbin; il giorno successivo, per rappresaglia, l'aviazione cinese colpì le forze sovietiche e le basi aeree situate presso Vladivostok. La decisione cinese di allargare il conflitto alla regione dell'Amur spinse l'esercito sovietico a ricollocare le truppe per difendere quel territorio, di conseguenza l'Operazione Grande Muraglia fallì e l'URSS non fu in grado di conquistare Harbin via terra; questo divenne uno dei momenti fondamentali del conflitto perchè l'URSS decise di alleviare la pressione delle sue truppe sulla Manciuria per scacciare le truppe cinesi dal suolo mongolo.

2.1.3  L'Armata Rossa ad Ürümqi.
L'Armata Rossa attraversò il confine sino-mongolo il 6 settembre e invase la Mongolia Interna; nello stesso giorno la 15ª Divisione cinese, guidata dal Generale Luo Ruiqing, iniziò un forte contrattacco per scacciare i sovietici dal Xinjiang Uighur. Tuttavia il generale cadde in un'imboscata e fu costretto a fuggire. Un secondo tentativo, questa volta riuscito, di raggiungere il precedente confine venne effettuato più a sud; tali sviluppi portarono le forze cinesi ad invadere il Kirghizistan. Gli Stati Uniti chiesero un temporaneo cessate il fuoco per evacuare i propri cittadini residenti in Cina e in Mongolia, ma la richiesta del Presidente Lyndon Johnson venne ignorata. L'URSS contrattaccò e giunse a Ürümqi, capitale del Xinjiang, mentre le truppe cinesi tentavano di deviare l'attenzione da questa città mediante un attacco sulle postazioni militari adiacenti. Brèžnev proclamò l'indipendenza della Repubblica Popolare dell'Uighuristan, gran parte del cui territorio restava però sotto il controllo di Pechino. Intanto, anche l'India pugnalava alle spalle la Cina, rioccupando le regioni di confine dell'Aksai Chin e di Shaksgam, conquistate in precedenza dall'esercito cinese, nonostante le minacce del Pakistan di intervenire a favore della Cina. Le azioni del Pakistan erano infatti bloccate dall'alleato americano, che temeva il dilagare del conflitto asiatico. Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria e Bulgaria mandarono propri limitati contingenti in appoggio di quelli sovietici, mentre l'Albania di Enver Hoxha inviò un battaglione di volontari in supporto alla Cina, e la Romania si rifiutò di appoggiare entrambe le parti in causa. Il Maresciallo Tito dichiarò che "la guerra sino-russa era la tomba del marxismo-leninismo imperialista", ed il Movimento dei Non Allineati si schierò con decisione contro il conflitto definito "inutile".

2.1.4  Attacco ad Harbin.
L'offensiva su Harbin venne portata avanti dalla 1ª Divisione cinese supportata da tre reggimenti corazzati della 2ª Brigata corazzata, che avanzarono velocemente attraversando il confine sino-mongolo e giungendo in vista della città mancese il 6 settembre. L'esercito cinese tenne i ponti sul fiume Songhua, affluente dell'Amur, e fece esplodere quelli che non fu in grado di controllare, bloccando ogni ulteriore avanzata dei sovietici su Harbin. Un'unità cinese dal canto suo riuscì a conquistare la città di Frunze, capitale del Kirghizistan; poco dopo però una controffensiva composta da una divisione corazzata e da una divisione fanteria, supportata dall'aeronautica sovietica, costrinse la 15ª divisione cinese a ripiegare sulla propria posizione iniziale, abbandonando Frunze. Il grosso del danno riguardava munizioni e veicoli per l'approvvigionamento, gli alti comandanti non ebbero notizie della conquista e riconquista di Frunze e informazioni errate portarono il comando alla decisione di ritirarsi da Harbin. Questa decisione creò molta delusione tra i sovietici, che avanzarono nuovamente e conquistarono la città dopo una dura battaglia. Intanto la Corea del Nord inviava uomini e mezzi in difesa della Cina e mobilitava uomini e mezzi al confine con la "sorellastra" del sud; di conseguenza Corea del Sud e Giappone avvisarono Pyongyang che sarebbero intervenuti nel conflitto se la loro integrità territoriale fosse stata minacciata. Chiang Kai-shek restava alla finestra a Taipei, ben sapendo che una sconfitta cinese non avrebbe significato un suo ritorno a Pechino, ma l'arrivo a Pechino di un regime collaborazionista filosovietico. Intanto Papa Paolo VI lanciava inutilmente appelli alla pace, a deporre le armi e a restituire i territori occupati.




Operazioni militari sovietiche sul fronte del Kirghizistan



2.2  Seconda fase degli scontri fra truppe di terra.

2.2.1  Il buco nell'acqua a Frunze.
L'8 settembre 1965 una compagnia di 5 unità sovietiche venne inviata nel Kirghizistan come rinforzo per le truppe che difendevano Frunze. Il compito era semplice, tenere la città di Balykchi sul lago Ysyk-Kol ed evitare l'invasione del Kirghizistan da parte dei battaglioni di fanteria cinesi. Tuttavia sulle rive del lago la compagnia sovietica riuscì a malapena a gestire un intenso attacco di 24 ore. Un battaglione venne inviato come rinforzo ma non riuscì a raggiungere il luogo. L'aeronautica sovietica bombardò l'intera area e colpì anche un treno proveniente da Frunze con i rinforzi. Il 10 settembre Frunze ricadde in mani cinesi e gli sforzi per riprendere il punto strategico non ebbero successo.

2.2.2  La battaglia di Liaoyuan.
Nei giorni successivi il 9 settembre le migliori formazioni di entrambe le superpotenze furono sconfitte in battaglie impari. La 1ª Divisione corazzata, indicata come "l'orgoglio dell'esercito sovietico", lanciò un'offensiva verso Shenyang, si divise in due gruppi e venne costretta a ripiegare dalla 6ª Divisione corazzata cinese dopo aver sofferto gravi perdite, tra le quali circa 100 carri armati. In seguito a questo successo l'URSS lanciò l'Operazione Plutone che costrinse la Cina a ritirarsi ulteriormente. La 1ª Divisione corazzata, orgoglio dell'Unione Sovietica, diede il via ad un'offensiva verso il Liaoning con l'obiettivo di giungere sul Mar Giallo e minacciare la stessa Pechino, però non ce la fece e il 10 settembre venne distrutta dalla 4ª Divisione di montagna in quella che viene ricordata come la battaglia di Liaoyuan. Ben 137 carri armati sovietici furono distrutti o danneggiati, e i sovietici dovettero sgomberare quasi totalmente la Manciuria, mentre la Cina riprendeva anche quasi tutta la Mongolia Interna. Dal canto suo l'URSS riusciva a riprendere la regione dell'Amur, anche se Vladivostok restava in mani cinesi.

2.2.3  La battaglia di Changchun.
Dopo che le forze cinesi aprirono una breccia nelle linee sovietiche in Manciuria l'11 settembre, la controffensiva sovietica venne bloccata e la strategia di Mosca ne venne fortemente influenzata. Nonostante alcuni risultati ottenuti dalle formazioni corazzate, l'attacco sovietico nella battaglia di Changchun venne bruscamente fermato dalle forze della PRC. Pechino sostenne che Mosca perse 120 carri armati in questa battaglia. Nessuno dei due contendenti dimostrò grandi abilità nell'utilizzo delle formazioni corazzate nelle operazioni offensive; al contrario entrambi si mostrarono efficaci con piccole forze in attività difensive.

2.2.4  La guerra in stallo.
La guerra si stava dirigendo verso una situazione di stallo, con entrambe le nazioni che mantenevano in mano territori altrui. Xinjiang Uighur settentrionale e parte della Manciuria restavano occupate dall'URSS, mentre la Cina deteneva ancora Vladivostok e parte del Kazakhstan e del Kirghizistan. Non mancarono tra entrambi gli schieramenti alti ufficiali dell'esercito che, onde risolvere lo stallo, minacciarono un'escalation nucleare del conflitto (per prima fu Mosca a sollevare la questione). Tali minacce fortunatamente non furono seguite da fatti concreti, anche per le pressioni dell'opinione pubblica mondiale e dell'ONU. Intanto la guerra vedeva scontrarsi l'aeronautica militare sovietica (Voenno-vozdušnye sily SSSR) e l'aeronautica militare cinese (Zhōngguó Rénmín Jiěfàngjūn Kōngjūn) con gravissime perdite da entrambe le parti. Spesso è stato riportato che gli aerei sovietici erano superiori rispetto ai mezzi cinesi, spesso antiquati, ma questi ultimi prevalsero in un numero maggiore di combattimenti rispetto alla quantità inferiore impiegata dall'URSS, che doveva pur sempre mantenere intatto il suo dispositivo in Europa. Da segnalare il fatto che un MIG sovietico atterrò in una pista abbandonata presso Pechino e venne catturato dall'esercito cinese; il pilota raccontò che la maggior parte del suo equipaggiamento era rovinato e qualora avesse avuto qualche possibilità gli aerei cinesi lo avrebbe abbattuto. Questo aereo è oggi conservato come trofeo di guerra nel Museo dell'Aeronautica Cinese a Shanghai. Le dichiarazioni dei due paesi sulle perdite causate e subite durante la guerra furono contraddittorie, e poche fonti neutrali hanno verificato tali affermazioni. L'URSS ha sostenuto di aver abbattuto 104 mezzi cinesi e di averne persi 19, mentre la RPC ha indicato come 59 i mezzi persi e 73 gli aerei sovietici abbattuti. Secondo una fonte indipendente, riportata in una rivista subito dopo la guerra, l'URSS perse 116 aerei. La Cina cercò comunque di acquistare altri mezzi da vari paesi asiatici per affrontare la disparità di forze in campo, che era di tre ad uno.



2.3  Considerazioni sugli armamenti in campo.

2.3.1  Mezzi corazzati.
La guerra del 1965 vide alcune delle più grandi battaglie combattute con i mezzi corazzati dai tempi della seconda guerra mondiale. All'inizio della guerra l'esercito sovietico era superiore nel suo complesso sia per quanto riguardava il numero di carri armato sia per un miglior equipaggiamento, tuttavia ad oriente non aveva così tante forze disponibili da subito e ci sarebbe voluto del tempo per mobilitare le riserve in un conflitto che restava convenzionale. La Cina invece mise in campo un'artiglieria più numerosa e più agguerrita. Nonostante la superiorità in termini numerici e di qualità, l'URSS venne sconfitta dalla Cina, la quale fece progressi in Mongolia Interna e riuscì ad arrestare l'offensiva verso il Mar Giallo.

2.3.2  Operazioni in mare.
Le operazioni navali ebbero un ruolo marginale nel conflitto del 1965, anche perchè i cinesi avevano una marina decisamente insufficiente. Il 7 settembre una motovedetta lanciamissili cinese bombardò la stazione radio della marina sovietica situata a Južno-Sachalinsk, sull'isola di Sachalin. L'attacco è ritenuato dai cinesi un'azione rilevante, anche se i sovietici la considerano solo come una fastidiosa incursione. In seguito all'attacco a Sachalin la marina dovette rispondere ad un'interrogazione di fronte al Soviet Supremo dell'URSS, e una volta finita la guerra venne avviato un processo di modernizzazione ed espansione del corpo; altrettanto fece la RPC, potenziando notevolmente la propria marina da guerra. Secondo fonti cinesi, un sottomarino della PRC bloccò a Petropavlovsk-Kamchatsky, sulla penisola di Kamchatka, il cacciatorpediniere "Komsomolec Ukrainy" durante tutta la durata della guerra, ma fonti sovietiche hanno risposto che non era nelle loro intenzioni utilizzarlo durante il conflitto e il loro desiderio era limitare lo scontro alla terraferma.

2.3.3  Operazioni segrete.
L'esercito cinese diede il via a diverse operazioni segrete per infiltrarsi e sabotare le basi sovietiche. In data 7 settembre 1965 un commando del Gruppo Servizi Speciali venne paracadutato in territorio nemico; un audace tentativo che si risolse in un "disastro assoluto". Solo 22 commando tornarono in Cina, 93 furono fatti prigionieri e 20 vennero uccisi, tra i prigionieri c'era anche uno dei comandanti dell'operazione. Le ragioni del fallimento sono attribuite a gravi inefficienze nel fornire mappe, istruzioni e un'adeguata preparazione. Nonostante il fallimento nel sabotaggio degli aerodromi, fonti cinesi affermano che le azioni dei commando abbiano influenzato alcune operazioni già pianificate dall'URSS. Quest'ultima rispose alle attività sotto copertura annunciando ricompense per chi catturava spie o paracadutisti. Nel frattempo in Cina diverse voci affermavano che l'URSS avesse, a sua volta, inviato dei commando in territorio cinese, anche se successivamente queste voci furono indicate come infondate.




"Non attaccheremo se non saremo attaccati ma, se saremo attaccati, noi certamente contrattaccheremo". Poster di propaganda del 1965.



3  Verso la conclusione del conflitto.

3.1  La Dichiarazione di Bologna.
Gli Stati Uniti e la CEE intanto portavano avanti delle forti attività diplomatiche per evitare ulteriori escalation del conflitto tra le due potenze asiatiche. Il Segretario di Stato USA Dean Rusk si offrì di ospitare i negoziati per il cessate il fuoco a Dayton, nell'Ohio, ma alla fine i due paesi comunisti decisero di accettare l'offerta del Presidente della Commissione Europea Walter Hallstein e del Vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, il socialista Pietro Nenni, di incontrarsi per cercare una soluzione diplomatica nella città di Bologna. Il Ministro degli Esteri Sovietico Andrej Andreevič Gromyko e il suo omologo cinese Zhou Enlai firmarono la Dichiarazione di Bologna concordando di ritirarsi, non prima del 25 febbraio 1966, alle linee dell'agosto precedente. La diminuzione delle scorte di munizioni fece temere al leader sovietico Leonid Il'ič Brežnev che la guerra volgesse a favore della PRC, di conseguenza accettò velocemente il cessate il fuoco di Bologna. Nonostante le forti resistenze dei suoi leader militari la Cina si piegò alle crescenti pressioni diplomatiche, giacché un conflitto prolungato conveniva meno alla Cina che all'URSS: Mao Zedong temeva che il trascinarsi del conflitto con l'URSS potesse dare a Chiang Kai-shek l'occasione per aprire un conflitto a sud. e accettò il cessate il fuoco. Quest'ultimo venne criticato da molti cinesi i quali, fidandosi della stampa controllata, credettero che la leadership si fosse arresa agli interessi dei militari. Le proteste portarono a rivolte degli studenti, ponendo le basi della successiva Rivoluzione Culturale. In data 22 settembre comunque venne approvato all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU una risoluzione che chiedeva il cessate il fuoco incondizionato ad entrambe le parti. La guerra ebbe termine il giorno seguente.

3.2  Tregua tra le superpotenze.
Per il suo ruolo di mediatore, a Pietro Nenni fu conferito l'Ordine di Lenin, la più alta onorificenza nazionale dell'Unione Sovietica. I rapporti ufficiali emanati dal governo cinese sostennero che i propri militari si erano comportati "meravigliosamente" durante la guerra, venne ingiustamente dichiarato che fu l'URSS a scatenarla e la Dichiarazione di Bologna venne indicata come una summa dei successi ottenuti. URSS e Cina si accusarono reciprocamente di violazioni del cessate il fuoco; in aggiunta ai colpi di artiglieria e di piccole armi da fuoco, l'URSS accusò la PRC di aver utilizzato la tregua per catturare alcune aree di frontiera. Un aereo dell'esercito sovietico venne abbattuto il 16 dicembre uccidendo un capitano e il 2 febbraio 1967 un aereo cinese venne abbattuto da caccia sovietici. Il cessate il fuoco venne, comunque, complessivamente rispettato. Complessivamente si ritiene che errori strategici commessi da ambe le parti determinarono una conclusione della guerra in una situazione di stallo. L'intelligence militare sovietica non avvertì dell'imminente invasione cinese della mongolia, e il KGB aveva sviluppato una visione esagerata della debolezza sia della Cina, sia del suo esercito: la guerra del 1965 fu per Mosca uno shock. Invece gli errori dell'esercito cinese incominciarono a partire dalla convinzione che vi fosse un generale scontento tra la popolazione della Mongolia, dando così l'opportunità alla PRC di avanzare e scatenare una rivolta contro i sovietici e ottenere una vittoria veloce e decisiva. Alcuni autori hanno sottolineato come la PRC potrebbe essere stata incoraggiata ad aprire il conflitto in seguito ad un war game condotto a tavolino nel marzo 1965, perchè l'esercitazione si era conclusa con una vittoria della Cina, qualora fosse scesa in guerra contro l'URSS. In ogni caso, in URSS la propaganda sulla guerra continuò, il conflitto non venne analizzato razionalmente, la maggior parte delle colpe furono attribuite alla leadership militare e venne data poca importanza ai fallimenti dell'intelligence; ciò persistette fino alla debacle della guerra in Afghanistan, che in fin dei conti fu decisiva per il crollo dell'URSS.



4  Dopo il conflitto.

4.1  Perdite e conseguenze.
Come c'era da aspettarsi, le dichiarazioni di URSS e Cina sulle perdite sono molto divergenti, sia per quanto riguarda le perdite subite che per quelle arrecate. Secondo la Library of Congress Country Studies diretta dal Federal Research Division degli Stati Uniti "la guerra fu militarmente inconcludente; entrambi i contendenti fecero prigionieri e conquistarono territori. Le perdite furono relativamente pesanti sul fronte cinese: 100 aeromobili, 200 carri armati e 88.000 soldati. L'esercito cinese era stato in grado di resistere alle pressioni sovietiche, ma una prosecuzione dei combattimenti avrebbe portato solo a perdite maggiori e alla definitiva sconfitta per la Cina." A guerra conclusa, molti sovietici considerarono positiva la prova dei loro militari: il 6 settembre in URSS si celebrava il Giorno della Difesa per ricordare la vittoriosa difesa della città di Frunze dall'esercito cinese. Entrambi i paesi persero la metà dei loro armamenti, ma in Cina crebbe il mito del "Grande Timoniere" Mao Zedong che aveva impedito il disastro politico e militare della sua nazione. Molti cinesi, indottrinati nella certezza delle loro abilità militari, rifiutarono la possibilità che le forze armate del loro paese fossero sconfitte dall'odiata URSS e furono invece pronti ad incolpare il loro fallimento, nato dagli obiettivi militari, all'incapacità di Liu Shaoqi e del suo governo, che furono costretti a dimettersi; Liu Saoqi venne sostituito da Dong Biwu. Il "New York Times" scrisse che, "gravemente colpita dall'accanita resistenza delle forze armate cinesi, l'URSS avrebbe potuto continuare a combattere solo alleandosi con gli USA per distruggere definitivamente Pechino e voltando le spalle all'ONU".

4.2  Opinioni sulla guerra.
David Van Praagh nel suo libro intitolato "The greater game" scrisse che, in fin dei conti, "la Cina vinse la guerra, non essendo riuscita a strappare la Mongolia all'URSS, ma impedendo a quest'ultima di invaderla e di abbattere il suo governo. Inoltre la Cina ottenne 18.400 km² di territorio sovietico mentre l'URSS prese solo 5.400 km² di territorio cinese". Dennis Kux invece ha fornito un sommario diverso della guerra nel suo "China and USSR strange dictatorships": "Nonostante entrambe le parti abbiano subito grosse perdite di uomini e materiali e nessuna abbia ottenuto una vittoria militare decisiva, l'URSS ottenne i migliori risultati dalla guerra: Mosca raggiunse il suo obiettivo di contrastare il tentativo cinese di conquistare la Mongolia con la forza, mentre la PRC  non ha ottenuto nulla da un conflitto che essa stessa ha provocato." Nel suo libro "War in the modern world since 1815", il noto storico di guerra Jeremy Black affermò che l'URSS "perse pesantemente" la guerra del 1965 e la decisione affrettata della PRC di procedere ai negoziati evitò gravi e ulteriori danni all'Armata Rossa. La BBC poi fece notare che la guerra determinò dei cambiamenti nella politica sovietica: "Con la sconfitta del 1965, la considerazione che l'Armata Rossa fosse invincibile si tramutò in un'opposizione crescente. Entrambe le parti dichiararono vittoria, ma la Cina aveva più da celebrare." Uk Heo e Shale Asher Horowitz scrissero nel loro libro "Conflict in Asia: Korea, China-USSR, and Vietnam": "L'URSS apparve ancora, almeno logisticamente, in una posizione superiore, ma nessuna delle parti era in grado di mobilitare abbastanza forze per ottenere una vittoria decisiva." Il giornale americano Newsweek sottolineò la capacità dei militari sovietici di tenere lontane la maggior parte delle forze cinesi: "Già dalla fine della prima settimana di conflitto, infatti, era chiaro che i mongoli con l'aiuto dei sovietici avrebbero difeso di più e meglio la loro terra". Nell'ottobre del 1965, infine, la rivista "TIME" riportò le valutazioni di un funzionario occidentale sulle conseguenze della guerra: "Adesso è evidente a tutti che la Cina emergerà come una potenza asiatica com'è nel suo diritto." Il prestigio ottenuto dai Cinesi convincerà Nixon a riconoscere la PRC attraverso la famosa "diplomazia del ping pong".

4.3  Considerazioni conclusive.
Si ritiene che la guerra URSS-PRC abbia provocato un fatale rallentamento del programma spaziale sovietico, facendo perdere a Mosca la corsa per giungere per prima sulla Luna, a favore della NASA americana. Notevole l'impatto di quel conflitto sulla cultura di massa: la Guerra del 1965 appare in corso durante il film "L'uomo venuto dal Kremlino" con Anthony Quinn e Sir Lawrence Olivier, nel quale si immagina l'elezione di un Papa russo che riuscirà a porre fine al conflitto. Anche i romanzi "Uragano rosso" (1986) di Tom Clancy e "Classe Nimitz" (1997) di Patrick Robinson sono ambientati durante la Guerra Sino-Russa. Dopo la guerra del 1965 la corsa agli armamenti tra i due paesi divenne ancora più folle e, unitamente alla sconfitta americana nella Guerra del Vietnam, convinse la leadership del PCUS che la vittoria sovietica e il crollo dell'occidente fossero prossimi, iniziando una serie di battaglie su più fronti che finì per portare l'URSS all'indebolimento e alla catastrofe. Ma per questo bisognerà aspettare ancora un quarto di secolo.

Lord Wilmore.




Vignetta di Edmund Valtman sulla Guerra del 1965 (da questo sito ).



William Riker in proposito domanda:
Secondo te, Enrico, si sarebbe arrivati a uno stallo come ha pensato il nostro Milord, risolto dalla mediazione del marxista Pietro Nenni, o uno dei due contendenti avrebbe prevalso sull'altro? Brežnev avrebbe conquistato la Manciuria, avrebbe costretto Mao a fuggire ad Hainan e avrebbe imposto a Pechino un regime fantoccio guidato da Lin Biao? O il Grande Timoniere avrebbe conquistato Kirghizistan, Tagikistan, Mongolia e Tannu Tuva, provocando il crollo accelerato dell'URSS in concomitanza con la Primavera di Praga?

E l'interpellato gli risponde:
Nessuna delle due potenze mi sembra avere il vantaggio decisivo; l'URSS non ha i numeri per occupare pezzi di Cina, la Cina non ha i mezzi per invadere l'URSS. Questi erano i limiti effettivi dei contendenti, anche se entrambi di notevole capacità. Nel 1965 l'URSS manteneva un apparato militare ai confini con la RPC del tutto analogo a quello che avrebbe avuto 4 anni dopo al momento degli scontri sull'Ussuri: capace di difendere il territorio, non certo di raggiungere Pechino e di far diventare la Cina un proprio vassallo. Fra l'altro, quando la pressione cinese sembrò mettere in crisi le posizioni, non rinforzabili dall'Europa orientale o dall'URSS stessa senza il rischio di indebolirsi all'Occidente, i Sovietici sembra abbiano utilizzato una nucleare tattica, ma questo aspetto non è mai stato accertato. Personalmente credo che le registrazioni dei sismografi di paesi lontani ma neutrali, quindi non sottoposti a pressioni da Mosca e da Washington, qualcosa potrebbero fornirla, per quanto "piccolo" potesse essere l'ordigno. Solo a partire dal 1969 le forze armate sovietiche in Asia centrale e in Estremo oriente sarebbero aumentate di modo da essere consistenti subito senza attendere la mobilitazione delle riserve locali. Riguardo la RPC, molto personale, molti armamenti, discreti anche se tecnologicamente inferiori, il tutto capace di creare difficoltà, ma non certo di penetrare in profondità e a distanza dentro il territorio sovietico. A nessuno sarebbe convenuto scatenare un conflitto nucleare nel 1965, così come farlo degenerare nel 1969; troppo poco avrebbe potuto fare Pechino, mentre Mosca avrebbe rischiato un depauperamento del proprio arsenale, rendendolo troppo inferiore a quello americano. Difatti, cessati gli scontri, i Sovietici chiesero agli Americani di valutare un piano comune per "difendere entrambe le nazioni da un'eventuale terza potenza che non desse sufficienti garanzie di stabilità". Ovviamente si riferivano alla RPC, ma nel frattempo era iniziata la politica di Kissinger per normalizzare i rapporti tra Pechino e Washington. (..) Alla fine, un cessate il fuoco così come prospettato, anche se su una base di uti possidetis che dava sempre fastidio, può rappresentare una soluzione abbastanza verosimile. Quanto invece supposto da Luttwak, avrebbe comportato una necessaria azione preventiva sovietica in chiave nucleare contro la corrispondente struttura cinese e poi una grande campagna per eliminare il governo e le forze armate cinesi. Meno male che non si è mai visto come sarebbe potuta andare. Proprio un giornalista che scriveva su una rivista di analisi strategiche mi raccontò che la storia dell'ordigno tattico nucleare sovietico, poteva non essere affatto balzana (oggi la si definirebbe complottista o bufala). Da parte mia sono piuttosto scettico sull'accadimento in questione. Vero è che una reazione dello stesso tipo da parte della Cina nel 1969 sarebbe stata davvero rischiosa per Mao. Bombardare Vladivostok (sul Pacifico, innervosendo oltremodo USA e Giappone), ma anche qualsiasi altro centro dell'Estremo Oriente o dell'Asia centrale sovietici, come anche solo provare a ricambiare sul settore di confine sovietico per colpire esclusivamente truppe nemiche, avrebbe comportato un'inevitabile escalation e la potenza sovietica in questo campo era notevole, pur dovendosi erodere l'arsenale nucleare di Mosca. Ma la stessa dirigenza sovietica cosa avrebbe fatto? Utilizzare una settantina di ordigni per distruggere tutto l'apparato governativo e militare cinese con una certa dose di sicurezza, infischiandosene della quantità allucinante di vittime? Credo che, comunque, il cinismo dei leader e dei vertici militari in genere, pronti perfino a sacrificare i propri uomini pur di ottenere una vittoria, a volte sia stemperato da una riflessione a tavolino che consente di far sorgere scrupoli sufficienti a non far precipitare tutto nell'abisso e, per fortuna, c'è sempre la paura della ritorsione a frenare. Cosa che avrà fatto meditare Hitler, accompagnata dalla sua personale negativa esperienza durante il primo conflitto mondiale, convincendolo a non usare i gas nervini sui campi di battaglia. Pensate ad un'operazione Barbarossa dove da subito questi terribili agenti vengono utilizzati e contro i quali non vi era, all'epoca, alcuna difesa. Di quanto avrebbe accelerato l'avanzata tedesca e dove sarebbe giunta prima dell'autunno del 1941? Usarla contro coloro che erano considerati subumani non creava certo problemi a Hitler, ma restava il timore che negli USA avessero sintetizzato quegli stessi gas e allora si preferì usarli solo contro i prigionieri dei lager. Sebbene siano stati previsti piani militari sviluppati negli anni, dove l'uso indiscriminato degli ordigni nucleari avrebbero spazzato via l'Europa occidentale, quella orientale, il Nord America e l'Eurasia, dobbiamo sperare che il buon senso collegiale prevalga sempre.

Fonte ed altri riferimenti: http://www.fmboschetto.it

 


 

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