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L’acqua è uno degli elementi più abbondanti del pianeta ma allo stesso tempo, milioni di persone in tutti i continenti (e anche in paesi come Italia o Spagna) non riescono ad ottenere la quantità necessaria per sé stessi e per l’agricoltura; tra le idee più stravaganti per averla ce ne sono alcune che forse, se perfezionate, potrebbero dare risultati sorprendenti. Parliamo di acqua dalla nebbia, dalla rugiada e dall’umidità.

 

 

Se da sempre l’umanità ha sviluppato sistemi per raggiungere l’acqua del sottosuolo e per distribuirla efficacemente, come pozzi ed acquedotti in grado di accumulare e trasportare il prezioso liquido anche nelle zone più aride, non ha però fatto altrettanto per trovare fonti alternative a sorgenti e falde.

Tra le tecniche più strane, una in particolare in particolare è un sogno ricorrente di molti scienziati, quella di estrarre acqua dalle nebbie e dall’umidità della notte, fenomeno presente anche nelle zone desertiche. A qualcuno verrà in mente Dune, celebre romanzo e film di fantascienza degli anni ’60 in cui viene descritto un pianeta estremamente arido dove per sopravvivere i suoi abitanti originari hanno sviluppato delle tecniche sofisticate per estrarre acqua nelle condizioni più impensabili.

In Cile, in Etiopia e in Perù sono nati dei progetti che sfruttano le nebbie per dare acqua a villaggi e popolazioni che vivono in condizioni molto difficili. Con delle semplici reti di plastica che letteralmente ‘acchiappano’ l’umidità dell’aria, zone completamente aride nel giro di poco tempo hanno visto spuntare prima dell’erba e poi anche fiori e ortaggi. L’idea nasce negli anni ’60 grazie ad un fisico cileno, Carlos Espinosa Arancibia, ed è diventata realtà solo negli ultimi anni.

Ora anche l’MIT di Boston sta studiando questa tecnica, perfezionando i materiali delle tele, ora in semplice polietilene, in modo da creare un tessuto capace di assorbire e allo contempo espellere l’acqua immagazzinata. Per ora i risultati ottenuti dai test sono buoni, tanto da poter ricavare un litro d’acqua al giorno con un singolo metro quadro.

Esistono però altri progetti nel Mondo: a Cipro c’è un impianto di desalinizzazione dell’acqua marina che sfrutta l’energia solare. Sempre con l’acqua marina lavora un prototipo che invece di sfruttare l’energia solare si avvale della capacità di alcuni batteri di scindere ed estrarre il cloro e il sodio presenti nell’acqua di mare, garantendo così un liquido potabile.

O ancora dei vasi tecnologici per piante che si possono interrare anche in zone estremamente aride e che hanno la capacità di assorbire umidità dal terreno e di rilasciarla poco per volta, secondo un sistema già conosciuto dagli agricoltori di Nepal e Sri Lanka, dove però al posto di sofisticate scatole vengono utilizzati semplici vasi di terracotta.

E se si potesse imbrigliare l’acqua di un improvviso acquazzone nel deserto? Ecco allora le serre ad evaporazione sviluppate in 20 di esperimenti nel deserto del Sahara.

Tutti progetti avveniristici ma di fatto ormai facilmente implementabili, unico problema rimane il costo. Eccetto le reti acchiappa-nebbia del Perù, gli altri sistemi sono ancora troppo costosi per essere utilizzati dalle popolazioni che ne hanno veramente bisogno, che quasi sempre vivono in Paesi molto poveri.

Le soluzioni più alla portata di mano sono quelle semplici come le reti che abbiamo visto, ma anche i “pozzi di rugiada”, strutture rocciose che condensano l’acqua presente nell’aria sfruttando le differenze di temperatura tra le pietre di cui sono composte e quella dell’atmosfera. Sono strutture antiche che gli archeologi hanno scoperto in diversi siti in tutto il mondo.

Forse sono queste i sistemi più facili da sviluppare, proprio perché sono facilmente replicabili da associazioni no profit anche nei luoghi dove le risorse economiche sono quasi nulle, ed in più hanno il vantaggio di essere ecologiche, perché riciclano la plastica o sfruttano materiali abbondanti come la pietra.

Fonte: http://www.tuttogreen.it

 


 

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